Bassa Parmense: l’Olimpo dei salumi

di Redazione Ville&Casali

Pastificio Gradellini

La Bassa Parmense, per i suoi abitanti semplicemente la “bassa”, è quella parte della provincia di Parma sita a nord della città e compresa tra la via Emilia, il fiume Po e il più piccolo Ongina. È una parte della Pianura Padana nota per le sue fitte nebbie, per Giuseppe Verdi e Giovannino Guareschi, ma soprattutto per la sua gastronomia, i salumi in primis. È qui, infatti, che è nato e viene tuttora prodotto nel più rigoroso rispetto della tradizione il Culatello di Zibello, definito giustamente il “re dei salumi”. Ma non è solo, contornato da una schiera di cugini e discendenti diretti non meno squisiti.

Il nostro viaggio inizia idealmente da San Secondo, nel cuore della “bassa”, noto per l’omonima spalla cotta, salume di cui era golosissimo lo stesso maestro Verdi. È realizzata con il cuore disossato della spalla, salata e lasciata asciugare, quindi cotta in acqua, vino bianco e verdure. Si può gustare fredda, tagliata come un prosciutto, oppure calda a pezzettoni: una prelibatezza. La producono tutti i migliori norcini della “bassa”, ma se volete gustarne un bel piatto caldo in un ambiente raffinato e accogliente, magari al fianco di un calice di grande vino, nel centro di San Secondo c’è la Nuova Pasticceria Lady.

Poco fuori l’abitato, invece, nel bel mezzo della campagna pianeggiante, troviamo Galù, locanda e ristorante che preferiamo chiamare relais con cucina gourmet. Quattro amici – Andrea Quadrani (sommelier), Sergio Preziosa (chef), Massimo Bonini (pasticciere e torrefattore) e Anna Bortolami (enotecaria) – nel 2009 recuperano una cascina di campagna e la trasformano in una piccola ma deliziosa locanda con quattro camere e cucina di alto livello aperta anche agli esterni. Per questo, i più conoscono il Galù come ristorante, dove l’idea di cucina dello chef media in perfetto equilibrio tra le sue origini pugliesi, le sue esperienze all’estero e la tradizione locale; da provare assolutamente “ricordando le mezze maniche ripiene” e “la nostra parmigiana”. Però, come detto, il Galù è anche un’oasi di tranquillità dove soggiornare alla scoperta della Bassa Parmense.

Da San Secondo ci muoviamo verso il “grande fiume”, il Po, attraversando Zibello, dove pare sia nato il Culatello omonimo a metà del 1300 (ma le prime tracce certe risalgono al ‘700), e arrivando a Polesine Parmense, l’attuale reggia del “re dei salumi”.

È qui, infatti, che sorge, proprio sull’argine del Po, l’Antica Corte Pallavicina, la creatura di deliziosa locanda con quattro camere e cucina di alto livello aperta anche agli esterni. Per questo, i più conoscono il Galù come ristorante, dove l’idea di cucina dello chef media in perfetto equilibrio tra le sue origini pugliesi, le sue esperienze all’estero e la tradizione locale; da provare assolutamente “ricordando le mezze maniche ripiene” e Massimo e Luciano Spigaroli. I più associano il nome dei due fratelli al Culatello (a ragione, peraltro), anzi ai loro splendidi Culatelli che hanno conquistato il mondo e portato al riconoscimento della DOP nonché alla nascita del Consorzio. Ma senza l’opera degli Spigaroli forse si sarebbero perse le tracce anche dello Strolghino di Culatello, un salametto fresco prodotto con le rifilature del Culatello che è un’autentica prelibatezza. Peccato duri al massimo una trentina di giorni, quindi è raro trovarlo fuori dalla “bassa”. Per questo, quando lo trovate al supermarket di Roma o Milano bello stagionato, beh, state sicuri che dello Strolghino ha solo il nome… tornando al Culatello, per produrlo bisogna “sacrificare” un prosciutto: si ricava dalla coscia eliminando il grasso in eccesso e la parte anteriore, che andrà poi a dar vita al fiocco. Poi si procede alla salatura, alla massaggiatura affinché il sale venga assorbito, quindi il futuro Culatello è inserito nella vescica, cucito e, infine, legato. Inizia a questo punto la stagionatura, di non meno di 16 mesi (ma la riserva di Spigaroli supera anhe i 30) in ambiente fresco e molto umido. Per questo la produzione dovrebbe avvenire in inverno, quando la nebbia avvolge tutta la “bassa”. Al termine, quando avrà perso circa il 40% del suo peso, il Culatello va opportunamente preparato per il consumo e, finalmente, goduto in tutta la sua bontà.

Spigaroli non è solo salumi, però. Anzi, la tradizione della famiglia (ristoratori) è mantenuta viva con lo storico ristorante Al Cavallino Bianco, al quale si è affiancato quello più lussuoso (e stellato) dell’Antica Corte Pallavicina, che è anche releais, produttore di ortaggi e affinatore di superbi Parmigiano-Reggiano, proposti nelle varietà Pianura, Collina, Montagna e Vacche Rosse. E, alla fine, l’animo dei fratelli Spigaroli è talmente vulcanico che si stanno cimentando con successo perfino con i vini frizzanti e spumanti, dall’antica varietà autoctona fortana del taro. Lasciata Polesine, torniamo verso Soragna, alle cui porte troviamo un altro produttore di spessore, l’Antica Ardenga, creata da Massimo Pezzani, già ristoratore e punto di ritrovo dei norcini della “bassa”, nonché membro della Confraternita del Culatello Supremo.

E Supremo è proprio il suo Culatello nella migliore espressione, da suini di oltre 250 kg e stagionatura di almeno 24 mesi. Pezzani produce un po’ tutti i salumi della “bassa”, anche da cuocere, ma il suo fiore all’occhiello è forse la Spalla Cruda, squisito salume quasi totalmente sconosciuto anche perché difficile da realizzare. All’Antica Ardenga riesce particolarmente bene, fedeli alla migliore tradizione: stagiona 12 mesi ed è una sorta di “mini Culatello”. Entrati a Soragna, ritroviamo una nostra vecchia conoscenza, la Stella d’Oro, ristorante con locanda condotta dal vulcanico chef e sommelier Marco Dallabona. La sua cucina della tradizione parmigiana vale il viaggio per l’abilità di proporre in perfetto equilibrio tra tradizione e creatività le materie prime della “bassa”, ma Marco sa stupire anche con i piatti di pesce e una carta di vini e bollicine che è tanto sontuosa quanto corretta nei ricarichi. Naturalmente, Marco è anche un grande conoscitore dei salumi della zona, che propone tanto da sua personale selezione quanto da propria stagionatura: chiedetegli il suo “salame della bassa” o il suo prosciutto 54 mesi!

A proposito di prosciutto, il suo regno è fuori dalla “bassa”, al di là della via Emilia, sulle colline di Langhirano, dove ruliano ne è certamente l’interprete più illuminato. Il prosciuttificio è stato creato da Daniele Montali, terza generazione di una famiglia che da sempre ha fatto prosciutti. Montali parla di “passione, esperienza e coraggio”. Passione perché porta avanti l’azienda con piacere immutato, esperienza perché la lavorazione è imperniata su segreti tramandati da generazioni, fatti di pochissimo sale, rinuncia assoluta a conservanti e additivi, accurata stagionatura naturale sfruttando un microclima unico. Coraggio, infine, perché quando l’industria del prosciutto sta banalizzando e standardizzando i sapori, c’è invece chi come Daniele montali ancora punta all’eccellenza, alla genuinità dei sapori, alla celebre dolcezza. E Daniele Montali è talmente sicuro dei suoi prosciutti (ma non sono da meno il fiocco, il Culatello con cotenna e il Salame felino: provare per credere) da metterci la faccia e affermare orgoglioso che “i prosciutti non sono tutti uguali”. Può sembrare una banalità, ma la filosofia di quest’uomo è veramente votata all’eccellenza. Tanto da ricorrere a una lavorazione i cui passaggi sono gli stessi di 100 anni fa, ma anche a una tecnologia evoluta usata in maniera intelligente. Che Montali afferma di impiegare “in forma passiva, quindi dominata dall’uomo e non viceversa”. Per questo può permettersi rigorosi controlli in tutta la lavorazione e una perfetta tracciabilità di ogni prosciutto.

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