Una zuppa di cavatelli e calamaretti tra le Alpi
Martin Dalsass è fiero di essere italiano, anche se da quasi trent’anni vive in Svizzera, perché qui i cuochi sono più apprezzati dei banchieri. Dopo la scuola alberghiera a Bolzano, qualche esperienza di cuoco in Alto Adige e un tirocinio a Parigi nel ristorante La Marèe (due stelle Michelin), ha diretto la cucina di importanti ristoranti di alberghi a quattro stelle, a Losone, Locarno e Gstaad (Grand Hotel Bellevue). Dal 1985 al 2011 ha diretto il ristorante Santabbondio a Sorengo-Lugano e nel 2001 è stato nominato in Svizzera cuoco dell’anno. In questo periodo ha ottenuto anche una stella Michelin un punteggio di 18/20 nella guida Gault Millau e tre stelle nella guida Veronelli. E’ membro del Comitato Le Grandes Tables de Suisse e de Le Soste (Italia). A dicembre di quest’anno Martin Dalsass festeggerà i tre anni del ristorante Talvo by Dalsass, che si trova a Champfèr, una frazione di St. Moritz. Talvo significa fienile ed è uno degli edifici più antichi dell’Engadina, che risale al 1658. E’ stato trasformato in un ristorante moderno, reso intimo dal calore e dal profumo del pino. D’estate si avvale di una bella terrazza soleggiata e ben protetta dal vento. Gli amanti del sigaro hanno a disposizione l’unica Stuvetta Davidoff del mondo. Talvo ha pure ottenuto una stella Michelin e un gran successo. (E’ opportuno prenotare, specie nei periodi di punta, quando le richieste sono doppie dei posti disponibili).
“La mia cucina si può definire mediterranea ed internazionale”, spiega Martin Dalsass a Ville&Casali, affiancato dal figlio Andrea che collabora con lui come cuoco, dopo aver frequentato l’università del turismo a Brunico.
Dalsass preferisce cucinare la cacciagione di piume (gallo forcello, pernice rossa e grigia, beccaccia, anatra), ma anche il pesce che gli arriva dalla Bretagna, dall’Italia e dalla Scozia.
Ma al Talvo si può mangiare anche il camoscio o la rana (secondo Dalsass l’animale più pulito) o richiedere piatti vegetariani e vegani. Ville&Casali ha provato una zuppa di gallinacci e un fico con acciuga e fragola per entrée, una tartare di capriolo con capesante e contorni di finferli, molto saporita, e poi una squisita e profumata zuppa di cavatelli bianchi e neri con calamaretti, cozze e pomodorino. Ottima, poi, la pernice rossa proveniente dalla Scozia con aceto balsamico, seguita da un sorbetto all’uva fragola. Eccezionali i dolci, specie quelli a base di cioccolata.
Il signor Martin è in grado di servire uno strudel, ma anche cannoli e cassate, con la collaborazione di un giovane pasticciere siciliano, che fa parte del suo staff invernale di otto cuochi. La cantina dispone di 650 etichette, molto apprezzata anche dai clienti russi che, secondo il signor Martin, “ora sanno bere”. Il segreto del signor Martin è la qualità dei prodotti, che “debbono parlare”. “Il cuoco può rovinarli, non farli diventare migliori”, egli commenta con modestia. Infine, ama ricordare un grande maestro della cucina italiana, Gualtiero Marchesi, il quale sostiene che “la cucina semplice non è la migliore, ma la migliore è quella semplice”. E’ questo il messaggio che egli porta in giro per il mondo, da San Pietroburgo, dove ha cucinato a novembre, a Singapore, dove si recherà prossimamente. Emmanuel Renaut, uno chef francese tre stelle Michelin, ci ha spiegato un anno fa che per ottenere il suo riconoscimento ha dovuto stupire. A noi sembra che Martin Dalsass sia capace di stupire non poco.
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