Maremma, la nuova frontiera dell’enologia

di Redazione Ville&Casali

Uno dei simboli della terra maremmana, il Morellino di Scansano, è una DOC dal 1978 e poi divenuta DOCG nel 2006. Un riconoscimento importante, per un prodotto entrato a far parte della tradizione enologica italiana, ma ancora aperto a novità e sperimentazioni, come spiega a Ville&Casali Balbino Terenzi, presidente dell’omonima cantina, vicino a Scansano. “In queste terre”, spiega Balbino, “è possibile trovare una grande varietà di vigneti. Il territorio qui è ancora tutto da capire, da definire per quanto riguarda i vitigni. Questa diversità dei suoli consente di sperimentare diversi tipi di cru, tanto che il Consorzio di tutela dei vini Doc Maremma ha fatto una mappatura dei terreni, dove si definiscono le diverse tipologie di vitigni”. Balbino, del resto, è un giovane che ama le avventure e le sfide. Dopo aver lavorato per anni nel settore della moda, ha deciso di lasciare Milano ed accettare la sfida del Morellino.

Etichette di prestigio

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“L’azienda è stata fondata da mio padre, Florio, nel 2001”, racconta Balbino, “con l’obiettivo di riportare il Morellino di Scansano ai vertici dell’enologia nazionale e internazionale, valorizzando nel mondo una produzione che rimane volutamente di nicchia per essere garanzia di qualità”.Oggi l’azienda si estende su sessanta ettari di vigneto e 14 di oliveto a corpo unico. Oltre al cru Madrechiesa, tra le etichette principali dell’azienda vi sono Balbino, Montedonico, il Passito da uve Petit Manseng, Francesca Romana e Purosangue Sangiovese, il Morellino di Scansano Riserva con cui Terenzi ha voluto esprimere l’anima più godibile del Sangiovese, adatto all’invecchiamento ma anche pronto da bere subito, giocato sul frutto, molto succoso e rotondo affascinato da questa terra da trasmettere la sua passione a tutta la famiglia”, racconta Balbino Terenzi. “Abbiamo alle spalle pochi anni di esperienza, ma abbiamo già ottenuto una serie di riconoscimenti importanti. Il nostro obiettivo è portare la Maremma oltre confine, dagli Usa alla Cina, facendoci portavoce dello stile di questa terra, della sua tradizione, della sua agricoltura, del suo clima e della sua stagionalità in ogni nostro vino”. Investire nel vigneto per dare equilibrio alla pianta ed intervenire così il meno possibile.

Un lavoro tradizionale

Con questo approccio l’agronomo Eugenio Ranchino gestisce il lavoro in campagna. Con l’obiettivo di rispettare l’ambiente circostante sono state compiute scelte come l’inerbimento dei filari con essenze erbacee che impediscono all’acqua di provocare dilavamento ed erosione. Oltre ad avere questo scopo, queste piante vengono trinciate e lasciate in vigneto per migliorare il contenuto di sostanza organica e la struttura del terreno, evitando così parte delle concimazioni.

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