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Itinerari enogastronomici in Basilicata

di Redazione Ville&Casali

Un grappolo di Aglianico del Vulture

La Basilicata è ricca di prodotti tipici e territori da scoprire, ancora poco conosciuti. Si tratta di una terra dalle grandi distese verdi, dalle numerose attrazioni turistiche, dall’enogastronomia d’eccellenza che, però, ha l’unico torto di non avere importanti vie di collegamento e, per questo, è troppo spesso dimenticata. Eppure, la A16 Napoli-Canosa lambisce la Regione e basta uscire a Candela per trovarsi dopo neanche 30 Km nel cuore della Lucania, dominata dal monte Vulture (1.326 m slm). Questo antichissimo vulcano spento è stato nei secoli la forza motrice dei paesi sorti alle sue pendici, fornendo il legno dai rigogliosi boschi che lo ricoprono (perfino i Quartieri Spagnoli di Napoli furono costruiti con gli alberi del Vulture), un terreno particolarmente fertile, soprattutto per la vite, e una ricchezza incredibile di fonti di acque minerali, che negli ultimi anni hanno dato vita a diversi marchi molto noti.

Il primo paese che si incontra all’ombra dell’antico vulcano è Melfi, salita alla ribalta delle cronache per l’insediamento Fiat ma, in realtà, abitato di epoca paleolitica che oggi si fa ammirare per il centro storico circondato dalle mura normanne e per il baluardo del castello del XI sec, ricostruito da Federico II. Da Melfi, una strada immersa tra i boschi si arrampica sul Vulture e conduce all’interno dell’antico cratere, dove troviamo i laghi di Monticchio (Piccolo e Grande) e la splendida Badia di San Michele, il cui colore bianco la fa spiccare sul verde profondo del bosco in cui è immersa. Le origini risalgono al X secolo ad opera dei monaci Basiliani. Lasciato questo angolo di suggestiva bellezza, prendiamo la strada che scende verso Rionero, dove ha sede una delle aziende vitivinicole più note della zona: Cantine del Notaio.

Poco fuori l’abitato c’è il nuovo, bellissimo complesso aziendale, ma per una visita è meglio puntare alla storica sede dentro il paese. Se siete fortunati potete incontrare il suo deus ex machina, Gerardo Giuratrabocchetti, autentico libro vivente della storia, delle tradizioni e, naturalmente, del vino della zona. L’affinamento in barrique avviene nelle antiche cantine scavate nel tufo intorno al XVII secolo e affacciate su una piazzetta sotto il livello stradale detta “facìle”. Con la consulenza del prof. Luigi Moio, Giuratrabocchetti ha sviscerato l’Aglianico nelle più recondite profondità e oggi lo propone con quattro etichette di rosso, un rosato, uno spumante Metodo Classico millesimato e perfino come bianco in uvaggio con varietà a bacca bianca. Con risultati a dir poco stupefacenti. Rionero è ritenuta un po’ la capitale vinicola del Vulture ma, molto onestamente, Giurtrabocchetti fa notare che questo è avvenuto solo perché la ferrovia l’aveva resa la piazza principale per il commercio del vino.

A Barile, pochi chilometri più a Sud, troviamo un altro produttore simbolo: Paternoster. Dal 1925 il nonno degli attuali proprietari vendeva vino da uve Aglianico prima come spumante e successivamente come rosso. A quest’uomo è intitolata l’etichetta di punta Don Anselmo, che festeggia giusto il ventennale. Ancor più a sud il paese di Fliano è la patria dell’omonimo pecorino DOP mentre, risalendo e allontanadosi dalle pendici del Vulture, incontriamo gli abitati di Ginestra, Ripacandida e Maschito, molto vocati alla viticoltura così come all’olio dalle cultivar Ogliarola del Vulture, Rotondella e Coratina, oltre alle diffuse Leccino e Frantoio.

Prima di addentrarci nell’ultimo avamposto del Vulture, Venosa, è d’obbligo una visita all’Azienda Agricola Il Parco delle Bontà, che qui tutti conoscono semplicemente come Caggiano, il cognome della famiglia che la conduce dal 1974 e l’ha fondata praticamente dal nulla partendo dalla tradizione di pastorizia della regione. Tra boschi e strade degne di un rally (in questo l’Audi S4 si è rivelata una manna…) raggiungiamo la zona detta Contrada Piro Sorbo, sulla collina di fronte a quella di Forenza per gustare formaggi e salumi assolutamente superbi.

È quindi la volta di Venosa, la città del poeta latino Orazio, del vino, nonché uno dei più bei borghi d’Italia. Offre tanto da vedere, dal sito paleolitico di 400.000 anni fa al parco archeologico di epoca romana, dall’Abbazia della SS Trinità (detta l’Incompiuta) al Castello Pirro del Balzo, imponente fortezza oggi sede del Museo Archeologico Nazionale. Addentrandosi nella viuzze arriviamo all’accogliente Locanda Accademia dei Piacevoli: lasciatevi consigliare dal maitre Mario Schena, ma attenzione alle portate e alle porzioni: rischiate di non arrivare in fondo! Fuori dall’abitato hanno sede due cantine molto importanti e rappresentative: Terre degli Svevi, emanazione lucana del colosso Gruppo Italiani Vini, e Grifalco, la creazione di Fabrizio Piccin dopo l’esperienza a Montepulciano con Salcheto. Entrambe propongono rossi da Aglianico in purezza molto rappresentativi ma anche di fascinosa personalità. Con 100 ettari vitati e disposti come negli chateaux attorno al complesso aziendale, Terre degli Svevi è la più grande cantina della zona ma qui quantità riesce a far rima con qualità, soprattutto con i Re Manfredi. Grifalco, invece, è un gioiellino che cesella rossi di grande beva che rappresentano diverse sfaccettature dell’Aglianico, fino al “grande vino”.

I migliori vini della Basilicata

Nonostante qualche vino bianco da varietà piantate decenni or sono (Fiano, Falanghina, Moscato, Muller Thurgau, ecc), l’uva principe resta l’Aglianico, da cui si produce l’omonima DOC del Vulture, alla quale da questa vendemmia si affiancherà pure la DOCG, prima lucana in assoluto.

L’Aglianico del Vulture

L’aglianico del Vulture è un’antica varietà a bacca rossa portata dai greci. La pianta si adatta bene a diversi terreni ma dà il meglio nei collinari di origine vulcanica. Matura a fine ottobre-inizio novembre e il pregiato vino che ne deriva è ricco in estratti e alcol, con una buona acidità e tannini evidenti che si ammorbidiscono con la maturazione nel legno.

Il Pecorino della Basilicata

Visto il forte legame con la pastorizia, nella zona si trovano diversi pecorini. Così, se l’ottimo di Forenza prodotto da Caggiano è una ricercatezza da intenditori, quello di Filiano raggiunge la DOP. È un formaggio a pasta dura prodotto tutto l’anno con solo latte intero crudo di pecore di razza Gentile di Lucania e di Puglia, Leccese, Comisana e Sarda alimentate al pascolo o, comunque, con foraggi freschi e fieni di qualità. Il latte può provenire da una o due mungiture consecutive e il caglio artigianale e preparato con tecniche precise. Il formaggio ha forma cilindrica a facce piane, pesa tra i 2,5 a 5 Kg e la crosta è trattata con olio extravergine di oliva e aceto di vino. Sulla stessa deve essere impresso a fuoco il marchio con l’ovale che incorpora la lettera F e la stella, con la dicitura “Pecorino di Filiano”.

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